Re: Touhou Shanikusai: Stars & Hearts Carnival [NEW EDITION]
Inviato: 06/10/2010, 23:31
grazie a tutti per il vostro appoggio!
Abbandonarsi a sconosciuti per dimenticare la persona che era padrona del suo cuore non era il miglior modo per scappare dalla realtà e questo, Mitsuki, lo sapeva benissimo.
Il desiderio ardente di essere felice non poteva trovarlo tra le braccia di un bel ragazzaccio di campagna che corteggiava le sue prede con gentilezza e finto perbenismo per poi rivelare le sue spiacevoli intenzioni.
Un rifiuto sarebbe bastato a tenere lontano quel maniaco? Il solo pensiero di essersi fatta abbindolare la aiutò a comprendere quanto fosse stupida e immatura. Era così ingenua che avrebbe creduto a qualsiasi mascalzone le fosse capitato di fronte purchè avesse avuto un'espressione da santarellino.
Scosse il capo, non voleva pensare alla brutta esperienza della sera prima, si promise di non farne parola con nessuno. Osservò la madre seduta accanto a lei: il suo viso era pieno di rughe e la sua espressione era malinconica. Qualche capello fuori posto e il kimono legato male la aiutarono a capire quanto sua madre fosse cambiata in quei pochi mesi. Qualsiasi cosa la preoccupasse sembrava essere abbastanza grave da spingere suo padre ad indire una riunione proprio quella mattina. Attese l'arrivo dell'uomo che si presentò in cucina trascinando la gamba con rabbia, zoppicando faticosamente verso il tavolo.
L'albina fece per alzarsi ma la madre la precedette, aiutando l'uomo a sedersi.
-Maledizione, mi è caduto il bacile sul piede e non riesco a muoverlo.- affermò con voce brusca ma spezzata dal dolore. -Peggio di così...-
-Caro, forse è meglio che ti riposi. Penso io a cucinare...- rispose Sora, alzando lo sguardo verso la sala principale del ristorante.
Mitsuki seguì lo sguardo della madre e fissò per alcuni secondi il ristorante vuoto. Si chiese come mai fosse così deserto poco prima dell'ora di pranzo, non era mai capitato in vita sua.
-Ragazzina, sai perchè non c'è nessuno?- la voce severa del padre tuonò all'improvviso, come se le avesse appena letto nel pensiero. L'albina squadrò il padre per qualche secondo, prima di scuotere il capo senza parlare. -I raccolti stanno andando a male per colpa di questo tempo assurdo.- spiegò, mentre la madre gli serviva un piatto di zuppa.
L'albina non ci aveva fatto caso ma, effettivamente, il tempo sembrava essere impazzito: negli ultimi giorni il sole si era alternato alla pioggia e alle nevicate fuori stagione, per non parlare di una forte tempesta arrivata da chissà dove e dalla nebbia improvvisa della sera prima. Era successo tutto nel giro di tre o quattro giorni circa.
-La gente ha perso buona parte di ciò che aveva seminato e, per seminarlo di nuovo, hanno dovuto spendere molti risparmi senza aver guadagnato nulla. Molte persone hanno problemi e non possono permettersi di venire al ristorante.- continuò l'uomo, soffiando sul cucchiaio per raffreddare il pasto caldo.
-Ma noi avevamo un pò di soldi da parte, no?- chiese l'albina.
-Siamo indebitati.- rispose la madre, sospirando. Mitsuki la fissò sconcertata e la madre le indicò una nuova sala del ristorante da poco allestita. -L'abbiamo aperta un mese fa al completamento dei lavori, gli affari andavano bene e non ci aspettavamo questi cambiamenti così repentini... nemmeno un cliente in quattro giorni, è davvero grave.-
-In sostanza abbiamo speso quasi tutto per i lavori e abbiamo dovuto chiedere aiuto per mandare avanti la baracca, adesso che siamo senza guadagni.- concluse Tatsuya.
L'albina non si immaginava una simile situazione. Non era la prima volta che accadeva un periodo di magra ma stavolta era la fortuna ad aver voltato loro le spalle: la decisione dell'ampliamento del ristorante ha portato via molti risparmi e, senza un adeguato guadagno, non potevano mandare avanti il tutto.
-Ho chiesto aiuto e mi hanno prestato dei soldi, ma dovrò renderli.- disse suo padre, tuttavia non avevano abbastanza soldi per saldare il debito e per questo si trovavano in una situazione critica.
Rischiavano di dover vendere il ristorante.
-Vendere?!- sussultò l'albina -ma è della nostra famiglia! L'ha costruito il nostro tris nonno e da allora è stato sempre il migliore!- disse l'albina, incredula per l'affermazione del padre.
-Non c'è molto da fare, tesoro...- intervenne Sora, con sguardo malinconico -O saldiamo il debito, o vendiamo.-
Sora sparecchiò il tavolo e portò le stoviglie nella vasca per lavarle, l'albina le si avvicinò e la aiutò com'era solita a fare da quando era bambina. Non aveva ancora accennato nulla sulla sua nuova vita e non aveva idea di quando farlo, sapeva soltanto che la situazione era contro di lei e non voleva dare ulteriori preoccupazioni ai suoi genitori.
Quando rientrò in cucina notò che i suoi genitori erano impegnati in un'accesa discussione con un uomo che non conosceva: era sulla quarantina, aveva i capelli brizzolati e portava gli occhiali.
Suo padre si voltò e notò Mitsuki che fu quasi portata in disparte dalla madre ma Tatsuya glielo impedì.
-Aspetta, Sora! Lasciala, riguarda anche lei.-. La donna si voltò verso l'uomo con sguardo rabbioso.
-Ti prego, Tatsuya! E' troppo crudele!- ribatté adirata la moglie, che però non poté fare nulla contro lo sguardo severo e autoritario del marito, per cui si limitò a chinare il capo, sconfitta.
-La vita a volte ci costringe a fare dei sacrifici, anche Mitsuki dovrà impararlo.- affermò, serio, voltandosi verso una Mitsuki perplessa. -Figlia mia, questo è Jun Azumaki, proprietario di una drogheria.- disse, indicando l'uomo che le sorrise.
-Piacere...- l'albina si inchinò lievemente, tornando poi a scrutare l'uomo con curiosità. Sapeva che i droghieri erano abbastanza agiati, soprattutto perchè certe spezie, provenienti dal Mondo Esterno, si trovavano in poche rare quantità che procurava loro sia Kourin-san che Yukari-sama all'occasione. Proprio per questo motivo acquistarle costava molto e nonostante tutto c'era gente ben intenzionata ad averle.
-Ti starai chiedendo come mai te lo presento, giusto? Quest'uomo diverrà presto nostro socio, ci ha già assicurato un'ingente somma per il ristorante.- continuò il padre, accennando un lieve sorriso che sollevò l'albina: così i problemi verrebbero risolti e non sarebbero stati costretti a vendere.
-Ma a che prezzo?- chiese furiosa Sora, osservando prima il marito e poi la figlia. Mitsuki s'incupì: c'era qualcosa sotto e non prometteva nulla di buono.
-Ovviamente c'è un prezzo. La famiglia Azumaki diverrà nostra socia e parente con il matrimonio di Mitsuki con il loro figlio Sato.-
Mitsuki ebbe quasi un infarto e svenne.
Quando aprì gli occhi venne scossa da un fremito di rabbia e iniziò a piangere e così continuò per parecchi minuti. La madre restò a fissarla in silenzio mentre preparava il kimono che avrebbe dovuto indossare quel pomeriggio, quando avrebbe dovuto incontrare il suo futuro marito. Non badò a quanto le stesse dicendo, non le importava di quanto quel matrimonio fosse importante per la salvezza della famiglia e del ristorante e di quanto era bene farlo in fretta per non pensarci troppo su. Mitsuki non credeva che si sarebbe mai innamorata di quel ragazzo e non le interessava proprio nulla di lui o del ristorante: in quel momento voleva solo tornare da Marisa.
La madre vestì bene l'albina, con un velo di trucco per mostrare una sposa fresca e degna del matrimonio. Le sembrava di essere tornata di parecchi anni nel passato, quando le donne dovevano tacere e i figli dovevo sottostare ad ogni decisione presa dai genitori sul loro futuro.
Ormai non era più così, però, nel suo caso, c'era di mezzo la salvezza del Ristorante e la madre non poteva fare diversamente. Cosa avrebbe dovuto fare? Abbandonare i suoi genitori ed il ristorante per tornare da Marisa?
Uscirono da casa di pomeriggio inoltrato, diretti all'abitazione degli Azumaki. Sora teneva stretta la figlia in modo da sorreggerla: era ancora abbastanza scioccata ed era svenuta solo poche ore prima.
La aiutò a sedersi su un divano mentre attendevano l'arrivo del ragazzo quando fece il suo ingresso una donna dai capelli corvini legati in uno chignon dietro il capo. Aveva il viso abbattuto e pieno di rughe come quello di Sora ma meno agitato e trasandato.
-Keiko!- esclamò stupita Sora alla vista della donna senza il ragazzo. -come mai questo ritardo? Sei sempre puntuale, solitamente.- ma Keiko scosse il capo, preoccupata.
-Appena saputo del matrimonio, quell'ingrato di mio figlio si è ribellato ogni giorno. Quando ha saputo del ritorno della sua sposa e dell'incontro è scappato e non sappiamo dove sia.- Sora sorrise teneramente all'albina che la fissò con tristezza: anche lei sarebbe voluta scappare, probabilmente sua madre lo capiva perfettamente.
-Mi dispiace, speravamo fosse... ma non l'abbiamo trovato comunque. Dovremo rimandare l'incontro.- concluse la giovane donna.
-Credo sia la cosa migliore, diamo qualche giorno ai ragazzi.- chiese la madre di Mitsu, stringendo la mano della figlia. -...anche un fidanzamento può andar bene, magari non c'è bisogno che si sposino subito...- Sora sembrava sperarci, probabilmente era convinta che con un lungo periodo di prova poteva arrivare il sentimento dell'amore e il matrimonio sarebbe stato una gioia per tutti.
-La penso come te, Sora, ma non mio marito. Il fidanzamento potrebbe sempre rompersi a causa dell'immaturità dei nostri figli e che ne sarebbe dopo dell'accordo?- sospirò.
Non c'era nulla da fare quel giorno e Sora trascinò Mitsuki a casa. L'albina dava l'impressione di essere confusa e a stento capiva cosa stava succedendo attorno a lei, ma in realtà capiva benissimo ma non voleva accettarlo.
Il giorno dopo si ritrovò in quella casa e finalmente vide il ragazzo che doveva essere costretta a sposare. Mitsuki squadrò quel giovane: aveva i capelli castani corti e gli occhi azzurri. Nulla che le desse un'emozione particolare, era un ragazzo come tanti. Sapere che quel tipo sarebbe stato suo marito le provocava un certo disgusto.
Sato percepì lo smarrimento della ragazza e sorrise.
-...già, i nostri genitori sono dei mostri, pensano ai loro affari e non ai nostri sentimenti.- disse. Mitsu si calmò e fissò il giovane con ammirazione, per la prima volta da quando era arrivata. Quel ragazzo si sentiva proprio come lei eppure aveva avuto il coraggio di scappare e di ribellarsi mentre lei era rimasta muta ed obbediente, seppur fingendosi debilitata.
Ma, dopotutto, si parlava del ristorante della sua famiglia, non di quello del ragazzo.
-Cos'altro si potrebbe fare per aiutare i miei? Non voglio che il ristorante fallisca...-. Sato fissò l'albina con un misto di pietà e rabbia.
-Mi spiace per te e so che non è questo che vuoi... io non ho soldi per i tuoi altrimenti ti avrei aiutata... e i miei vogliono diventare soci solo con questo cavolo di matrimonio. Che idioti.- esclamò infine, incrociando le gambe.
Non fu detto nulla di più che questo. Quando Mitsuki abbandonò l'abitazione era ancora più sconsolata di prima: Sato era un bravo ragazzo, non come Akira che aveva incontrato pochi giorni prima. Determinato a ribellarsi ai suoi per quella decisione stupida, pietoso e compassionevole con Mitsuki per la sua situazione instabile e desideroso di aiutarla se avesse potuto.
Ma non poteva, nessuno poteva aiutarli.
Restò ore ed ore seduta alla scrivania, con i fogli del diario sparsi in giro, l'odore del passato che la tormentava e uno specchio che le mostrava il suo volto rigato dalle lacrime e rosso dalla rabbia.
-Se solo... se solo mi lasciassero in pace... se solo sparissero tutti... io voglio solo Marisa... voglio solo lei, adesso...-
Le sue parole uscivano spezzate dal pianto ma intrise di odio e di frustrazione. In quel momento, la sua famiglia si stava mettendo tra lei e il destino che si stava costruendo con le sue mani.
Appoggiò il capo sul freddo legno, restando china su di sé a bisbigliare qualcosa per farsi forza. Cosa doveva fare? Doveva scappare? Doveva convincere Sato a scappare? Non aveva la minima idea di cosa fare.
-Sparite...sparite tutti... voi... Sato... tutti...-
Se fosse arrivata su quell'altare avrebbe di sicuro sporcato il suo abito con le rosse macchie della sua disperazione.
-Questo sentimento... così forte...-
Stage 10 - Un Matrimonio Programmato
Abbandonarsi a sconosciuti per dimenticare la persona che era padrona del suo cuore non era il miglior modo per scappare dalla realtà e questo, Mitsuki, lo sapeva benissimo.
Il desiderio ardente di essere felice non poteva trovarlo tra le braccia di un bel ragazzaccio di campagna che corteggiava le sue prede con gentilezza e finto perbenismo per poi rivelare le sue spiacevoli intenzioni.
Un rifiuto sarebbe bastato a tenere lontano quel maniaco? Il solo pensiero di essersi fatta abbindolare la aiutò a comprendere quanto fosse stupida e immatura. Era così ingenua che avrebbe creduto a qualsiasi mascalzone le fosse capitato di fronte purchè avesse avuto un'espressione da santarellino.
Scosse il capo, non voleva pensare alla brutta esperienza della sera prima, si promise di non farne parola con nessuno. Osservò la madre seduta accanto a lei: il suo viso era pieno di rughe e la sua espressione era malinconica. Qualche capello fuori posto e il kimono legato male la aiutarono a capire quanto sua madre fosse cambiata in quei pochi mesi. Qualsiasi cosa la preoccupasse sembrava essere abbastanza grave da spingere suo padre ad indire una riunione proprio quella mattina. Attese l'arrivo dell'uomo che si presentò in cucina trascinando la gamba con rabbia, zoppicando faticosamente verso il tavolo.
L'albina fece per alzarsi ma la madre la precedette, aiutando l'uomo a sedersi.
-Maledizione, mi è caduto il bacile sul piede e non riesco a muoverlo.- affermò con voce brusca ma spezzata dal dolore. -Peggio di così...-
-Caro, forse è meglio che ti riposi. Penso io a cucinare...- rispose Sora, alzando lo sguardo verso la sala principale del ristorante.
Mitsuki seguì lo sguardo della madre e fissò per alcuni secondi il ristorante vuoto. Si chiese come mai fosse così deserto poco prima dell'ora di pranzo, non era mai capitato in vita sua.
-Ragazzina, sai perchè non c'è nessuno?- la voce severa del padre tuonò all'improvviso, come se le avesse appena letto nel pensiero. L'albina squadrò il padre per qualche secondo, prima di scuotere il capo senza parlare. -I raccolti stanno andando a male per colpa di questo tempo assurdo.- spiegò, mentre la madre gli serviva un piatto di zuppa.
L'albina non ci aveva fatto caso ma, effettivamente, il tempo sembrava essere impazzito: negli ultimi giorni il sole si era alternato alla pioggia e alle nevicate fuori stagione, per non parlare di una forte tempesta arrivata da chissà dove e dalla nebbia improvvisa della sera prima. Era successo tutto nel giro di tre o quattro giorni circa.
-La gente ha perso buona parte di ciò che aveva seminato e, per seminarlo di nuovo, hanno dovuto spendere molti risparmi senza aver guadagnato nulla. Molte persone hanno problemi e non possono permettersi di venire al ristorante.- continuò l'uomo, soffiando sul cucchiaio per raffreddare il pasto caldo.
-Ma noi avevamo un pò di soldi da parte, no?- chiese l'albina.
-Siamo indebitati.- rispose la madre, sospirando. Mitsuki la fissò sconcertata e la madre le indicò una nuova sala del ristorante da poco allestita. -L'abbiamo aperta un mese fa al completamento dei lavori, gli affari andavano bene e non ci aspettavamo questi cambiamenti così repentini... nemmeno un cliente in quattro giorni, è davvero grave.-
-In sostanza abbiamo speso quasi tutto per i lavori e abbiamo dovuto chiedere aiuto per mandare avanti la baracca, adesso che siamo senza guadagni.- concluse Tatsuya.
L'albina non si immaginava una simile situazione. Non era la prima volta che accadeva un periodo di magra ma stavolta era la fortuna ad aver voltato loro le spalle: la decisione dell'ampliamento del ristorante ha portato via molti risparmi e, senza un adeguato guadagno, non potevano mandare avanti il tutto.
-Ho chiesto aiuto e mi hanno prestato dei soldi, ma dovrò renderli.- disse suo padre, tuttavia non avevano abbastanza soldi per saldare il debito e per questo si trovavano in una situazione critica.
Rischiavano di dover vendere il ristorante.
-Vendere?!- sussultò l'albina -ma è della nostra famiglia! L'ha costruito il nostro tris nonno e da allora è stato sempre il migliore!- disse l'albina, incredula per l'affermazione del padre.
-Non c'è molto da fare, tesoro...- intervenne Sora, con sguardo malinconico -O saldiamo il debito, o vendiamo.-
Sora sparecchiò il tavolo e portò le stoviglie nella vasca per lavarle, l'albina le si avvicinò e la aiutò com'era solita a fare da quando era bambina. Non aveva ancora accennato nulla sulla sua nuova vita e non aveva idea di quando farlo, sapeva soltanto che la situazione era contro di lei e non voleva dare ulteriori preoccupazioni ai suoi genitori.
Quando rientrò in cucina notò che i suoi genitori erano impegnati in un'accesa discussione con un uomo che non conosceva: era sulla quarantina, aveva i capelli brizzolati e portava gli occhiali.
Suo padre si voltò e notò Mitsuki che fu quasi portata in disparte dalla madre ma Tatsuya glielo impedì.
-Aspetta, Sora! Lasciala, riguarda anche lei.-. La donna si voltò verso l'uomo con sguardo rabbioso.
-Ti prego, Tatsuya! E' troppo crudele!- ribatté adirata la moglie, che però non poté fare nulla contro lo sguardo severo e autoritario del marito, per cui si limitò a chinare il capo, sconfitta.
-La vita a volte ci costringe a fare dei sacrifici, anche Mitsuki dovrà impararlo.- affermò, serio, voltandosi verso una Mitsuki perplessa. -Figlia mia, questo è Jun Azumaki, proprietario di una drogheria.- disse, indicando l'uomo che le sorrise.
-Piacere...- l'albina si inchinò lievemente, tornando poi a scrutare l'uomo con curiosità. Sapeva che i droghieri erano abbastanza agiati, soprattutto perchè certe spezie, provenienti dal Mondo Esterno, si trovavano in poche rare quantità che procurava loro sia Kourin-san che Yukari-sama all'occasione. Proprio per questo motivo acquistarle costava molto e nonostante tutto c'era gente ben intenzionata ad averle.
-Ti starai chiedendo come mai te lo presento, giusto? Quest'uomo diverrà presto nostro socio, ci ha già assicurato un'ingente somma per il ristorante.- continuò il padre, accennando un lieve sorriso che sollevò l'albina: così i problemi verrebbero risolti e non sarebbero stati costretti a vendere.
-Ma a che prezzo?- chiese furiosa Sora, osservando prima il marito e poi la figlia. Mitsuki s'incupì: c'era qualcosa sotto e non prometteva nulla di buono.
-Ovviamente c'è un prezzo. La famiglia Azumaki diverrà nostra socia e parente con il matrimonio di Mitsuki con il loro figlio Sato.-
Mitsuki ebbe quasi un infarto e svenne.
Quando aprì gli occhi venne scossa da un fremito di rabbia e iniziò a piangere e così continuò per parecchi minuti. La madre restò a fissarla in silenzio mentre preparava il kimono che avrebbe dovuto indossare quel pomeriggio, quando avrebbe dovuto incontrare il suo futuro marito. Non badò a quanto le stesse dicendo, non le importava di quanto quel matrimonio fosse importante per la salvezza della famiglia e del ristorante e di quanto era bene farlo in fretta per non pensarci troppo su. Mitsuki non credeva che si sarebbe mai innamorata di quel ragazzo e non le interessava proprio nulla di lui o del ristorante: in quel momento voleva solo tornare da Marisa.
La madre vestì bene l'albina, con un velo di trucco per mostrare una sposa fresca e degna del matrimonio. Le sembrava di essere tornata di parecchi anni nel passato, quando le donne dovevano tacere e i figli dovevo sottostare ad ogni decisione presa dai genitori sul loro futuro.
Ormai non era più così, però, nel suo caso, c'era di mezzo la salvezza del Ristorante e la madre non poteva fare diversamente. Cosa avrebbe dovuto fare? Abbandonare i suoi genitori ed il ristorante per tornare da Marisa?
Uscirono da casa di pomeriggio inoltrato, diretti all'abitazione degli Azumaki. Sora teneva stretta la figlia in modo da sorreggerla: era ancora abbastanza scioccata ed era svenuta solo poche ore prima.
La aiutò a sedersi su un divano mentre attendevano l'arrivo del ragazzo quando fece il suo ingresso una donna dai capelli corvini legati in uno chignon dietro il capo. Aveva il viso abbattuto e pieno di rughe come quello di Sora ma meno agitato e trasandato.
-Keiko!- esclamò stupita Sora alla vista della donna senza il ragazzo. -come mai questo ritardo? Sei sempre puntuale, solitamente.- ma Keiko scosse il capo, preoccupata.
-Appena saputo del matrimonio, quell'ingrato di mio figlio si è ribellato ogni giorno. Quando ha saputo del ritorno della sua sposa e dell'incontro è scappato e non sappiamo dove sia.- Sora sorrise teneramente all'albina che la fissò con tristezza: anche lei sarebbe voluta scappare, probabilmente sua madre lo capiva perfettamente.
-Mi dispiace, speravamo fosse... ma non l'abbiamo trovato comunque. Dovremo rimandare l'incontro.- concluse la giovane donna.
-Credo sia la cosa migliore, diamo qualche giorno ai ragazzi.- chiese la madre di Mitsu, stringendo la mano della figlia. -...anche un fidanzamento può andar bene, magari non c'è bisogno che si sposino subito...- Sora sembrava sperarci, probabilmente era convinta che con un lungo periodo di prova poteva arrivare il sentimento dell'amore e il matrimonio sarebbe stato una gioia per tutti.
-La penso come te, Sora, ma non mio marito. Il fidanzamento potrebbe sempre rompersi a causa dell'immaturità dei nostri figli e che ne sarebbe dopo dell'accordo?- sospirò.
Non c'era nulla da fare quel giorno e Sora trascinò Mitsuki a casa. L'albina dava l'impressione di essere confusa e a stento capiva cosa stava succedendo attorno a lei, ma in realtà capiva benissimo ma non voleva accettarlo.
Il giorno dopo si ritrovò in quella casa e finalmente vide il ragazzo che doveva essere costretta a sposare. Mitsuki squadrò quel giovane: aveva i capelli castani corti e gli occhi azzurri. Nulla che le desse un'emozione particolare, era un ragazzo come tanti. Sapere che quel tipo sarebbe stato suo marito le provocava un certo disgusto.
Sato percepì lo smarrimento della ragazza e sorrise.
-...già, i nostri genitori sono dei mostri, pensano ai loro affari e non ai nostri sentimenti.- disse. Mitsu si calmò e fissò il giovane con ammirazione, per la prima volta da quando era arrivata. Quel ragazzo si sentiva proprio come lei eppure aveva avuto il coraggio di scappare e di ribellarsi mentre lei era rimasta muta ed obbediente, seppur fingendosi debilitata.
Ma, dopotutto, si parlava del ristorante della sua famiglia, non di quello del ragazzo.
-Cos'altro si potrebbe fare per aiutare i miei? Non voglio che il ristorante fallisca...-. Sato fissò l'albina con un misto di pietà e rabbia.
-Mi spiace per te e so che non è questo che vuoi... io non ho soldi per i tuoi altrimenti ti avrei aiutata... e i miei vogliono diventare soci solo con questo cavolo di matrimonio. Che idioti.- esclamò infine, incrociando le gambe.
Non fu detto nulla di più che questo. Quando Mitsuki abbandonò l'abitazione era ancora più sconsolata di prima: Sato era un bravo ragazzo, non come Akira che aveva incontrato pochi giorni prima. Determinato a ribellarsi ai suoi per quella decisione stupida, pietoso e compassionevole con Mitsuki per la sua situazione instabile e desideroso di aiutarla se avesse potuto.
Ma non poteva, nessuno poteva aiutarli.
Restò ore ed ore seduta alla scrivania, con i fogli del diario sparsi in giro, l'odore del passato che la tormentava e uno specchio che le mostrava il suo volto rigato dalle lacrime e rosso dalla rabbia.
-Se solo... se solo mi lasciassero in pace... se solo sparissero tutti... io voglio solo Marisa... voglio solo lei, adesso...-
Le sue parole uscivano spezzate dal pianto ma intrise di odio e di frustrazione. In quel momento, la sua famiglia si stava mettendo tra lei e il destino che si stava costruendo con le sue mani.
Appoggiò il capo sul freddo legno, restando china su di sé a bisbigliare qualcosa per farsi forza. Cosa doveva fare? Doveva scappare? Doveva convincere Sato a scappare? Non aveva la minima idea di cosa fare.
-Sparite...sparite tutti... voi... Sato... tutti...-
Se fosse arrivata su quell'altare avrebbe di sicuro sporcato il suo abito con le rosse macchie della sua disperazione.
-Questo sentimento... così forte...-